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Come utilizzare l’EDS per ottimizzare la preparazione dei campioni biologici

Niente unisce la comunità dei biologi microscopisti quanto un problema di preparazione del campione, ovvero l’ottimizzazione del protocollo, specie su un nuovo campione o su uno particolarmente difficile, adattando la preparazione per una modalità di imaging ben specifica oppure per renderla flessibile a più di una modalità di analisi al microscopio.

Per la microscopia elettronica a scansione (SEM) di campioni biologici, ad esempio, è necessario garantire innanzitutto che i campioni siano stabili in condizioni di vuoto e sotto l’effetto del fascio elettronico, e che siano conduttivi per evitare effetti di carica, e in secondo luogo che l’immagine sia sufficientemente contrastata per visualizzare le strutture di interesse.

I campioni biologici sono principalmente composti da elementi leggeri che forniscono poco contrasto per la microscopia elettronica. Per questo generalmente i campioni vengono trattati con soluzioni “contrastanti” (stains) contenenti elementi pesanti: per l’imaging subcellulare, ad esempio, si utilizzano osmio, uranio e piombo. In questo modo diventa possibile visualizzare membrane, microtubuli o grandi complessi proteici.

I protocolli di preparazione possono essere lunghi e complessi, con più passaggi e usando diversi marcatori o coloranti. Inoltre molte altre variabili entrano in gioco: tempi di incubazione, temperatura, concentrazione dei marcatori, solventi, buffer e pH. Tutti questi aspetti vanno studiati al fine di comprenderne gli effetti sui risultati finali, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza dell’intero processo e rendere i risultati riproducibili per diversi esperimenti.

Di solito la valutazione di una buona preparazione del campione è puramente qualitativa: se durante l’esperimento si è in grado di distinguere le strutture di interesse e di acquisire immagini alla risoluzione desiderata, il metodo è considerato valido, ma in caso contrario diventa difficile capire esattamente la causa del problema e come risolverlo.

Un approccio più analitico per caratterizzare i campioni preparati può aprire la strada verso una migliore valutazione dei marcatori e ad una maggiore riproducibilità dei risultati.

Con la spettroscopia a dispersione di energia (EDS) abbinata ad un microscopio SEM o TEM, è possibile ottenere in modo semplice e veloce una mappa chimica degli elementi sia del campione sia di quelli introdotti dall’uso di diversi marcatori o mezzi di contrasto. Nella mappa EDS (Fig.1) per ciascun elemento viene utilizzato un colore diverso e l’intensità comparativa riflette l’abbondanza relativa degli elementi (mappa quantitativa, QuantMap). La mappa finale è costruita a partire dai layers delle mappe dei diversi elementi, e se sovrapposta all’immagine acquisita con elettroni secondari (SE) o retrodiffusi (BSE) permette di creare un’immagine EM a colori, in grado di fornire informazioni strutturali combinate con la composizione chimica.

Grazie all’EDS diventa così possibile rispondere a domande quali:

– In che modo il contrasto nell’immagine è influenzato dalla concentrazione del marcatore? – Cellule e tessuti diversi hanno la stessa affinità per il marcatore utilizzato? Qual è la distribuzione del mezzo di contrasto a livello subcellulare? C’è una colorazione selettiva? – Il mio protocollo è riproducibile?

La possibilità di ottenere informazioni sui profili di staining nei campioni biologici facilita la comprensione da parte dei ricercatori delle procedure di preparazione dei campioni e del meccanismo con cui le strutture si legano ai marcatori utilizzati. Inoltre, poiché la maggior parte dei quesiti in biologia richiede l’uso di più di una tecnica di imaging, è fondamentale verificare che il protocollo utilizzato per la preparazione del campione non comprometta nessuno dei metodi scelti.

Per approfondire: “Energy Dispersive X-ray Spectrometry (EDS) for Biology”, © Oxford Instruments.

Fig.1 – Campione di cellule marcato con acetato di uranile. La mappa EDS mostra come l’uranio (U) sia colocalizzato con gruppi fosfato (P, O) e gruppi carbossilici (C, O). In tabella l’analisi quantitativa è espressa in percentuale peso (Wt%). (© Oxford Instruments)

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