Le sorgenti di elettroni: principio di funzionamento delle sorgenti termoioniche

Dove nasce il fascio di elettroni nel microscopio elettronico

Le sorgenti di elettroni utilizzate in microscopia elettronica si possono suddividere in due categorie, a seconda del metodo di estrazione degli elettroni stessi: sorgenti termoioniche e sorgenti ad emissione di campo. In questo articolo, verrà illustrato il funzionamento di quelle appartenenti alla prima categoria.

Tali sorgenti sfruttano, per l’appunto, l’effetto termoionico per ottenere il fascio di elettroni. L’effetto si manifesta riscaldando un materiale ad una certa temperatura, fornendogli perciò energia sotto forma di calore. Per far sì che si verifichi l’estrazione di elettroni, l’energia fornita dal microscopio elettronico dev’essere maggiore della funzione di lavoro caratteristica del dato materiale, definita come l’energia minima per estrarre un elettrone da un materiale.  In questo tipo di sorgenti, l’aumento di temperatura si ottiene applicando una differenza di potenziale ai capi di un filamento di tungsteno o di renio su cui è montato un cristallo di LaB6 o CeB6, facendo così circolare una corrente che riscalda la sorgente fino all’ottenimento dell’emissione termoionica.

Il mero riscaldamento della sorgente tuttavia non è sufficiente per raggiungere un fascio elettronico controllabile. A questo proposito, la sorgente è posta all’interno di quello che viene definito cilindro di Wenhelt e, unitamente ad anodo e cilindro di Wenhelt stesso che funge da griglia, costituisce un triodo di cui essa ne è il catodo. Quando gli elettroni lasciano il catodo, essi possiedono, rispetto all’anodo che è a energia potenziale zero, un’energia potenziale negativa uguale alla tensione di accelerazione scelta dall’utente. Gli elettroni accelerano perciò attraverso questa differenza di energia potenziale, acquisendo una velocità considerevolmente elevata. Per concentrare il fascio elettronico così ottenuto e, conseguentemente, controllarlo, viene applicata una piccola tensione negativa alla griglia: tale tensione è la tensione di bias. Essendo gli elettroni carichi negativamente, essi risentono di questo piccolo campo elettrico negativo e vengono concentrati in un punto di crossover tra il catodo e l’anodo. Gli elettroni attraversano infine l’anodo e raggiungono la colonna elettron-ottica dove, attraverso un sistema di lenti magnetiche, vengono convogliati fino al campione da analizzare.

Per approfondimenti: Williams D.B. and Carter C.B., Transmission Electron Microscopy: A Text Book for Materials Science,2nd edition, Springer

Immagine tratta da Williams D.B. and Carter C.B., Transmission Electron Microscopy: A Text Book for Materials Science, 2nd edition, Springer

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