Nell’ambito della salvaguardia e della valorizzazione delle risorse naturali assume un ruolo fondamentale la ricerca mirata ad un uso intelligente delle risorse e alla riduzione dell’impiego di materiali critici utilizzati nel settore dei trasporti, della meccanica e dell’energia.

Negli ultimi anni, la progressiva riduzione dei costi della tecnologia e l’implementazione di misure per aumentare l’efficienza delle celle fotovoltaiche (PV) hanno determinato un rilevante incremento delle installazioni a livello mondiale. Il crescente numero di installazioni mette in evidenza il tema della gestione dei rifiuti derivanti da moduli fotovoltaici a fine vita. In Italia, ipotizzando una vita utile dei moduli pari a 20 anni, i moduli da smaltire al 2033 (20 anni dopo il picco di installazioni PV) potrebbero ammontare a circa 18 GW: quindi circa 1,44 Mln di tonnellate di moduli, che saranno da avviare al riciclo come da regolamentazioni in vigore [1].
Con la previsione di un progressivo aumento dei moduli PV da avviare a riciclo, aumenta l’interesse dei Consorzi di riciclo a occuparsi di questa attività.
È in questo contesto che diventa di fondamentale importanza individuare e quantificare gli elementi che compongono le polveri risultanti dai processi di separazione, pirolisi e macinazione dei pannelli fotovoltaici a fine vita.
Oltre al silicio di cui sono costituite le celle PV, principale elemento che si vuole recuperare e riciclare per altre applicazioni, nei moduli possono essere presenti anche alluminio (cornice), vetro, argento, rame, stagno e piombo (circuiti PCB e paste saldanti), carbonio da materiali polimerici (pannelli di supporto, incapsulante), calcio, titanio, bario, cloro, zolfo (pigmenti).

Tramite diverse fasi di trattamento, è possibile recuperare materiali quali vetro, rame, alluminio, polimeri derivanti dalle materie plastiche, ma soprattutto silicio, che può essere recuperato per produrre nuove celle PV o essere utilizzato nell’industria siderurgica.

Secondo le analisi chimiche EDS eseguite sul campione di Fig.3, dalla frazione di polvere in esame è possibile recuperare fino al 52% in peso di silicio. Dalle mappe EDS emerge inoltre che dopo il processo di macinazione, le particelle che hanno mantenuto dimensioni maggiori sono quelle in alluminio.
Le polveri provenienti dalla pirolisi e sottoposte a macinazione vanno anche analizzate dal punto di vista morfologico, per determinare se la granulometria ottenuta risulta compatibile con le applicazioni di interesse a cui verranno destinati i materiali di recupero.


[1] “La gestione dei moduli fotovoltaici a fine vita”, Dossier 16/2020 a cura dell’Ente RSE – Ricerca sul Sistema Energetico.