Mappe Chimiche qualitative o semiquantitative?

Spesso la necessità di controllare la presenza di sostanze contaminanti su un campione può nascere da una contestazione oppure da problemi incontrati in fase di produzione. Il campione mostrato figura è un utensile per abradere costituito da un acciaio ricoperto con un sottile rivestimento a base di una lega di carburo di tungsteno (WC) e cobalto depositato con tecnica HVOF (High-Velocity Oxygen Fuel thermal spray). Il malfunzionamento dell’utensile ha richiesto un’analisi approfondita al SEM-EDS per comprenderne le cause e intervenire in maniera efficace.

L’analisi EDS, in particolare, ha rilevato la presenza di numerosi elementi imputabili ai processi di lavorazione, ma tra questi spiccavano rame (Cu) e zinco (Zn) co-localizzati, suggerendo (come poi sarebbe stato confermato) che il pezzo fosse stato pulito con una spazzola in ottone che ne aveva compromesso l’efficacia abrasiva, trasferendo altresì la contaminazione anche sui pezzi lavorati con quell’utensile.

Per individuare gli elementi contaminanti e la loro distribuzione nel campione è possibile eseguire una mappa EDS assegnando due diversi colori a cobalto e tungsteno (il coating) e a rame e zinco (lega di ottone), come mostrato in Fig. 1-C, in cui l’intensità della colorazione è proporzionale al numero di conteggi (raggi X) generati da ciascun elemento (“Net Sum”). Per avere invece una stima di quanto sia effettivamente contaminata l’area analizzata, la mappa EDS può essere rielaborata dal software con un opportuno algoritmo, in modo che l’intensità della colorazione sia proporzionale alla quantità rilevata per ciascun elemento (“True Map”, Fig. 1-D), tenendo conto del fatto che elementi diversi generano raggi X con diversa energia e diverso rendimento, anche in funzione della tensione di accelerazione utilizzata per l’analisi.

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