Quando il SEM è delicato

L’utilizzo di basse tensioni di accelerazione al microscopio elettronico a scansione

L’utilizzo di basse tensioni di accelerazione per l’acquisizione di immagini al SEM rappresenta una delle modalità operative più impegnative ma al tempo stesso stimolanti. Dato che, riducendo l’energia degli elettroni che impattano con la superficie del campione, gli elettroni secondari vengono generati da una regione del campione spazialmente più contenuta, i maggiori vantaggi di questa modalità si esplicano in un aumento della risoluzione laterale e un maggior accento alla morfologia, e perciò al dettaglio superficiale, a discapito del contrasto. Ad ogni modo, la difficoltà principale che si incontra durante l’impiego di tale modalità risiede nel fatto che la densità di corrente del fascio elettronico è molto minore a basse tensioni di accelerazione rispetto a quelle convenzionalmente utilizzate. Questo si traduce in una diminuzione sensibile della luminosità, che costringe l’utente a lavorare con dimensioni di spot più grandi per poter ottenere una maggior corrente, compensando così la perdita in luminosità. Le normali sorgenti termoioniche risentono maggiormente di questo inconveniente rispetto alle sorgenti ad emissione di campo. Infatti, quest’ultime sono intrinsecamente molto più luminose e offrono densità di corrente molto più alte rispetto alle controparti termoioniche, rendendo conseguentemente più semplice l’imaging a basse tensioni di accelerazione.

Un altro scoglio che si palesa lavorando a basse tensioni di accelerazione riguarda il maggior effetto dell’aberrazione cromatica della lente di obiettivo sugli elettroni del fascio primario. Tale aberrazione fa sì che gli elettroni di energie differenti vengano focalizzati su piani diversi, comportando un’ulteriore diminuzione della densità di corrente. Questo effetto è tanto più marcato quanto minore è la tensione di accelerazione di lavoro, perché gli elettroni del fascio primario sono affetti da uno spread di energie più ampio. Similmente al caso precedente, gli elettroni prodotti da sorgenti ad emissione di campo sono caratterizzati da una maggior coerenza e perciò da spread di energia molto più contenuti rispetto a quelli generati da sorgenti termoioniche; ne consegue perciò che, per i microscopi dotati di tale tipo di sorgenti, l’effetto dell’aberrazione cromatica è notevolmente meno incisivo sulla qualità dell’immagine.

Serie di immagini di un campione di piste conduttive di alluminio su silicio, acquisite con il rivelatore di elettroni secondari a differenti tensioni di accelerazione (1,3,5 e 20 KV): da notare la progressiva perdita di dettaglio superficiale e la variazione di contrasto. (Fonte: D. C. Joy and C. S. Joy, Micron, 1996, 27, 247-263)

Infine, l’impiego di basse tensioni di accelerazione rende gli elettroni del fascio primario maggiormente sensibili a cariche elettrostatiche presenti sulla superficie del campione o a campi magnetici nell’ambiente dov’è collocato il microscopio, tendendo così a venir deflessi più facilmente proprio a causa della loro minor energia.

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