La semplicità non è più un optional

Introduzione

Se vi dicessi di pensare ad un microscopio, molto probabilmente la prima immagine che vi verrebbe in mente è il classico strumento dotato di due oculari e un ripiano per posizionare il campione. Eppure, nei laboratori di ricerca di tutto il mondo, la maggior parte dei microscopi non corrisponde alla classica figura dell’immaginario collettivo. Dalla fine del 1500 [1] ad oggi, il microscopio ha subito un’evoluzione totale tanto da perdere anche le componenti più tipiche come gli oculari: da un tubo di legno con lenti, a strumenti ultra-tecnologici dotati di sistemi automatizzati e in grado di raggiungere risoluzioni impensabili.

Lo sviluppo tecnologico, informatico e molecolare ha portato alla creazione di microscopi con prestazioni sempre migliori arrivando addirittura a superare il limite ottico di risoluzione (200nm). Tuttavia, la crescente performance corrisponde ad un’inevitabilmente crescita della complessità degli strumenti e quindi del loro utilizzo. Di conseguenza, la vera sfida odierna non è più produrre microscopi dalle performance eccezionali, ma di combinare qualità d’immagine e facilità d’utilizzo. Per quanto la necessità di immagini ad altissime risoluzioni sia essenziale, la rapidità nelle analisi e nella produzione di risultati, la semplicità della gestione dei dati e della loro quantificazione iniziano ad avere un peso sempre più importante, se non addirittura maggiore, sulla complessa bilancia del microscopio perfetto.

In questa Application Note analizzeremo strumenti innovativi che hanno saputo combinare immagini di qualità con una sorprendente semplicità d’utilizzo e design mai visti prima.

[1] L’invenzione del microscopio non ha una data ben definita, ma le prime testimonianze di microscopi composti risalgono a fine XVI secolo in Olanda, dove manifattori di lenti costruirono il primo sistema in grado di ingrandire oggetti fino a 20/30 volte la loro dimensione.

Aurox Unity: lo Spinning Disk pronto all’uso

La microscopia a fluorescenza è una tecnica essenziale in tutti i campi della biologia moderna. I sistemi ottici a fluorescenza sono ormai presenti in tutti gli istituti e ospedali, trovando applicazione sia nella ricerca che nella diagnostica. Dalla microscopia widefield alla microscopia confocale, dallo spinning disk alla super-resolution; negli ultimi decenni la microscopia a fluorescenza ha subito un’enorme evoluzione. Conseguenza inevitabile dell’introduzione di numerose varianti e miglioramenti, anche i microscopi a fluorescenza sono diventati strumenti sempre più impegnativi e delicati, nei quali l’utilizzo da parte di un tecnico specializzato è solitamente indispensabile. Per “limare” questa barriera numerose compagnie di microscopi hanno inserito nelle loro proposte strumenti compatti con lo scopo di renderli accessibili a tutti.

Figura 2:Aurox Unity è un microscopio compatto e Plug&Play. In un volume di soli 399 mm x 222 mm x 482 mm troviamo un intero microscopio: spinning disk, sorgente LED, obiettivi, filtri fluorescenza, camera, stage motorizzato XYZ e incubatore (parte superiore rossa).

La prima azienda a sposare questa strategia è Aurox Ltd, società britannica che ha lanciato sul mercato il primo microscopio spinning disk compatto e Plug&Play (Figura 2). Unity è uno strumento di dimensioni e peso ridotti (399mm x 222mm x 482mm) che richiede pochissimo spazio e può essere posizionato su un qualsiasi banco da laboratorio. Installabile con pochi e semplici passaggi, Unity è pronto per l’acquisizione in pochi minuti. La semplicità di Unity non si manifesta solamente nelle apparenze, ma anche all’utilizzo. Controllato da una app via iPad, Unity è un microscopio versatile e user-friendly. Z-stack, multi-positioning, multi-channels, tilescan e time-lapse; con qualche semplice “swipe” sul touch screen l’operatore è in grado di configurare esperimenti per tutte le necessità. Grazie allo stage motorizzato e all’incubatore integrato infatti, questo microscopio può visualizzare più campioni contemporaneamente anche in live. Compatibile con numerosi formati di varia forma e materiale, Unity rappresenta un ottimo compromesso tra versatilità e qualità d’immagine. Gli strumenti Aurox si basano su tecnologia ad illuminazione strutturata, nella quale viene implementato uno spinning disk brevettato caratterizzato da griglie in sostituzione dei classici pinholes. Tale tecnologia consente l’utilizzo di sorgenti LED, abbandonando l’utilizzo di laser. Unity è infatti un microscopio confocale laser-free, per tanto, caratterizzato da minor fototossicità, ma soprattutto da prezzi di acquisto e manutenzione ridotti.

Femtonics: i 2 fotoni Plug&Play sono realtà

Visualizzare strutture complesse in 3 dimensioni è tra le sfide più importanti della biologia moderna. Se per decenni l’imaging in 2D ha contribuito enormemente al progresso scientifico, ora la ricerca si trova a dover alzare ulteriormente l’asticella immergendosi nell’imaging 3D. Da tessuti in vivo a colture cellulari tridimensionali, i campioni biologici stanno evolvendo in forme sempre più complesse al fine di rappresentare al meglio le condizioni fisiologiche e patologiche del corpo umano.

Di conseguenza, anche le strumentazioni devono evolversi adattandosi a questa nuova tipologia di campioni. Nonostante la microscopia ottica e a fluorescenza abbiano, e continueranno ad avere, un ruolo centrale nell’imaging in biologia, le loro caratteristiche tecniche non consentono di penetrare campioni complessi come tessuti o organoidi. Un’evoluzione della microscopia a fluorescenza confocale in grado di superare questi limiti è rappresentata dalla microscopia a 2 fotoni. La microscopia multifotone è caratterizzata da una ridotta fototossicità e un alto potere penetrante grazie all’impiego di laser a infrarossi. Pertanto, l’utilizzo di questi strumenti diventa essenziale per la visualizzazione di campioni tridimensionali o spessi. Le performance migliori coincidono quasi inevitabilmente ad una maggior complicatezza del sistema, il quale risulta più ingombrante e difficile da utilizzare.

Figura 3: I microscopi a 2 fotoni sono tra gli strumenti più ingombranti in laboratorio in quanto necessitano di tavoli ottici anti-vibranti, laser, laser chiller, rack per l’elettroinca, PC, ecc. FEMTO 3D ATLAS PnP “condensa” tutto ciò in un volume compatto e comodo da movimentare.

Ma è proprio vero che per un campione complesso serva un microscopio complesso? Dal 2023 non più. Infatti, Femtonics ha deciso di dare una svolta a questo dogma mettendo sul mercato FEMTO 3D ATLAS Plug&Play (Figura 3). Per la prima volta al mondo ci troviamo di fronte ad un microscopio 2 fotoni PnP, ma con tutte le funzionalità di FEMTO 3D ATLAS (la versione convenzionale del prodotto punta di diamante di Femtonics). Inserito in un rivestimento protettivo di soli 1421 mm x 902 mm x 1811 mm e posizionato su un tavolo anti-vibrante a 4 ruote, ATLAS PnP è dotato di 2 laser a infrarossi e tutte le funzionalità legate all’Acousto-Optic technology che contraddistingue Femtonics. Dal Deep Imaging alla Photostimulation, dagli organoidi al Voltage Imaging, ATLAS PnP soddisfa ogni esigenza per ogni applicazione. Inoltre, vista la sua struttura compatta e mobile, lo strumento può essere spostato tra vari laboratori in funzione delle esigenze di ogni operatore.

La rivoluzione Plug&Play di Femtonics non si limita alla sola movimentazione del sistema FEMTO 3D ATLAS. Infatti, quest’anno è stato annunciato un nuovo prodotto che non solo combina high-tech e comodità, ma anche versatilità e design. FEMTO SMART X è infatti il primo 2 fotoni invertito di Femtonics ed è caratterizzato da un design accattivante e allo stesso tempo utile (Figura 4). La struttura compatta di FEMTO SMART X contiene un intero sistema a 2 fotoni compreso di laser e tavolo anti-vibrante, ma soprattutto di un incubatore. La parte superiore di FEMTO SMART X è infatti una camera con atmosfera controllata, dunque adatto a tutti i campioni in vitro come 3D cell cultures o organoidi. Dimensioni ridotte (750 mm x 950 mm x 1550 mm), versatilità e comodità: disponibile sia in versione Upright che Inverted, FEMTO SMART X è la soluzione all-in-one per tutti i laboratori di ricerca.

Figura 4: Il secondo microscopio Plug&Play di Femtonics è il FEMTO SMART X, microscopio a 2 fotoni disponibile in versione Upright e Inverted. Con un volume ancora più piccolo rispetto a FEMTO 3D ATLAS PnP, FEMTO SMART X è dotato di un incubatore per l’analisi di colture cellulari 3D.

Nanolive: fare live-cell imaging non è mai stato così semplice

In biologia il campione deve rappresentare il più possibile la realtà, pertanto l’utilizzo di campioni viventi è una delle strategie più apprezzate. Tuttavia l’impiego di campioni viventi, siano essi animali o cellule in coltura, comporta delle difficoltà non indifferenti nella gestione dello stesso durante l’analisi. Nel caso dell’osservazione di cellule in coltura, esperimento comunemente chiamato come live-cell imaging, il mantenimento delle condizioni vitali del campione durante tutta la durata dell’esperimento è essenziale. Di conseguenza l’integrazione di incubatori opportunamente progettati per essere alloggiati sopra o attorno agli stage dei microscopi rappresenta l’unica soluzione. Anche in questo caso osserviamo come le crescenti necessità sperimentali portino all’inevitabile complicazione del sistema finale.

A render ulteriormente complicato il live-cell imaging è la fototossicità, ovvero tutti quei danni provenienti dall’utilizzo della fluorescenza, la quale altera il campione durante l’acquisizione delle immagini. La fototossicità è una conseguenza praticamente inevitabile nel live-cell imaging con fluorescenza, dove vengono impiegate sonde o marcatori che verranno irradiati da sorgenti luminose come laser o lampade e risulteranno nella produzioni di specie chimiche dannose (specie reattive dell’ossigeno). Di conseguenza, la difficoltà di effettuare esperimenti di live-cell imaging deriva anche dalla necessità di ottimizzare il protocollo in modo da ridurre il più possibile questi danni legati alla fluorescenza.

Figura 5: Due versioni del 3D Cell Explorer di Nanolive, CX-F e CX96focus. Entrambe le configurazioni condividono la stessa tecnologia e struttura, ma la versione CX96focus è dotata di stage motorizzato per l’acquisizione di più campioni simultaneamente.

A risolvere in maniera definitiva qualsiasi problema nel mondo del live-cell imaging ci ha pensato Nanolive, azienda svizzera che nel 2016 ha messo sul mercato il primo microscopio olotomografico. Tale strumento è infatti in grado di visualizzare cellule vive in 3D e in time-lapse senza l’utilizzo di marcatori fluorescenti. Grazie alla sua tecnologia innovativa, Nanolive riesce ad ottenere una ricostruzione tridimensionale e ad alta risoluzione dell’indice di rifrazione delle cellule, senza alterare il campione. Infatti, eliminando completamente la fluorescenza, anche i problemi legati alla fototossicità vengono rimossi. Nanolive è dunque un approccio non-invasivo che consente di semplificare notevolmente la preparazione del campione e la configurazione del protocollo: con i microscopi Nanolive è sufficiente piastrare le colture cellulari e il live-cell imaging può iniziare senza ulteriori passaggi.

Essendo sistemi dedicati al live-cell imaging, i microscopi Nanolive sono tutti dotati di top-stage incubator, camerette ad atmosfera e temperatura controllata integrati nel sistema e ottimizzati per acquisizioni long-term. Pertanto, anche il mantenimento delle condizioni vitali del campione è garantito. Inoltre, i prodotti Nanolive sono tutti caratterizzati da un design elegante e dimensioni ridotte (Figura 5).

Alla luce di ciò, i sistemi Nanolive rappresentano una soluzione completa per il live-cell imaging in quanto combinano un’altissima qualità di immagine con una semplicità d’utilizzo senza precedenti. A completare l’esperienza user-friendly di Nanolive sono i software d’acquisizione e di analisi, i quali risultano semplici ed intuitivi. Con pochissimi click, è possibile configurare l’esperimento di live-cell imaging, ma soprattutto analizzarlo grazie ai potenti software di analisi automatizzati e ottimizzati per innumerevoli applicazioni.

FLIM LABS: la Fluorescence Lifetime Analysis accessibile a tutti

Ad oggi, ci sono innumerevoli tecniche di microscopia. Tuttavia solo alcune di esse sono comunemente utilizzate dai ricercatori, mentre altre rimango circoscritte ad alcuni campi o applicazioni. I motivi della diffusione o meno di una tecnica di microscopia sono svariati e non solo legati alla qualità dell’immagine o al risultato che possono fornire. Infatti, anche complessità d’utilizzo e costi giocano ruoli essenziali nel processo di affermazione di una strategia, piuttosto di un’altra.

Una tecnica di microscopia che stenta ad affermarsi proprio per la sua complicatezza e costi è la Fluorescence Lifetime Imaging Microscopy (FLIM). Tale approccio consiste nella misurazione del tempo di decadimento della fluorescenza, nello specifico, il tempo medio che intercorre tra l’eccitazione del fluoroforo e il rilascio del fotone. Questa strategia sfrutta proprietà intrinseche delle molecole (siano esse auto-fluorescenti o coloranti) e nacque per distinguere composti con lunghezza d’onda simile, dunque non distinguibili con misurazioni standard basate sul colore. Ogni molecola è caratterizzata da uno specifico lifetime, il quale dipende dal micro-ambiente e dalla conformazione molecolare del fluoroforo. Pertanto, attraverso la FLIM è possibile analizzare innumerevoli processi, come interazione tra proteine, variazioni di pH e temperatura, indice metabolico, cambiamenti del micro-ambiente, ecc.

Figura 6: I 3 componenti principali del Kit FLIM LABS collegati tra essi e ad un computer. Sullo schermo, l’interfaccia del software FLIM Studio.

Nonostante l’ottima qualità di informazione fornita, la FLIM non è una tecnica diffusa in quanto molto complessa da applicare e gestire, ma anche per i costi molto elevati.

A dare un deciso cambio di traiettoria nel mondo della FLIM ci ha pensato FLIM LABS, un’azienda italiana che ha deciso di rendere questa tecnologia accessibile a tutti. La mission di questa azienda è appunto quella di democratizzare tale strategia, riducendo costi e semplificando il sistema. FLIM LABS produce device portatili per l’analisi della fluorescence lifetime,  user-friendly e Plug&Play. Una grande novità introdotta grazie agli strumenti FLIM LABS è la possibilità di effettuare single-point Fluorescence Lifetime Analysis (FLA). Infatti, i kit FLIM LABS non solo possono essere installati su microscopi a scansione per effettuare FLIM, ma anche utilizzati come Kit stand-alone per analisi FLA in cuvetta. Con questa configurazione, non si ottengono immagini, ma si riduce ulteriormente la complessità del sistema.

Laser, detector, scheda di acquisizione: i device di FLIM LABS sono facilmente installabili e di dimensioni incredibilmente ridotte (Figura 6). A semplificare ulteriormente l’analisi, sono i software user-friendly e ottimizzati per la gestione del dato di Lifetime. Grazie all’approccio  Phasor-plot, FLIM Studio (software di acquisizione e analisi di FLIM LABS) consente la generazione di grafici intuitivi per l’interpretazione della Flurescence Lifetime.

Conclusione

La microscopia è la tecnica per eccellenza nel mondo della ricerca biomedica. La storia della biologia e di innumerevoli scoperte scientifiche è fortemente intrecciata alla storia di questo strumento. Nato nelle botteghe dei fabbricanti di lenti in Olanda nel lontano 1500, il microscopio è cresciuto ed evoluto a dismisura, tanto da perdere alcuni dei suoi tratti più identificativi come gli oculari. I microscopi moderni, basati su tecnologie innovative e caratterizzati da design disparati, non corrispondono più alla classica idea del microscopio dell’immaginario collettivo. Fortunatamente, ad accomunare tutti i microscopi del mondo, è rimasto il fascino del mondo invisibile e la bellezza della scoperta.

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